La fritola, regina del carnevale

La fritola è dal 1300 il dolce veneto più gradito sia dai siori (ricchi) che dai poareti (poveri). Fu incoronata Regina del carnevale dal Doge regnante nel 1700, per di più dolce ufficiale della Repubblica di San Marco.

La fritola è un dolce semplice e poco costoso, adatto a tutti, ricchi e poveri, quindi perfetto per la tradizione popolare del carnevale.

Le origini della fritola

La loro origine è ancora confusa. Alcune testimonianze si hanno proprio nel 1300 con i viaggi di Marco Polo nel lontano Oriente.

L’arte del friggere infatti è tipicamente orientale. E’ descritta già dallo storico e scrittore Jazla, un cristiano convertitosi all’Islam e vissuto a Bagdad nell’undicesimo secolo. In uno dei suoi libri, tra le ricette persiane compare quella della “zelabia”: una pastella a base di uova e farina, gettata a cucchiaiate nell’olio bollente e fritta.

Un secolo dopo, grazie alla traduzione in latino di uno studioso ebreo, la ricetta di Jazla arriva a Venezia. Complici le navi della città che accompagnano l’esercito di papa Innocenzo III alla Quarta Crociata nella Terra Santa. Oltre alla ricetta, le navi portano in patria anche pinoli e uva sultanina, ori ed argenti depredati qua e là. Da Candia, l’attuale Creta, arriva lo zucchero candioto per cuocere i frutti (ecco nati i primi frutti canditi che i milanesi usarono per il loro panettone).  Da Cipro arriva lo zucchero, ricavato dalle coltivazioni di canna. Venezia è così la prima in Europa ad usare lo zucchero al posto del miele.

I fritoleri

I fritoleri della Serenissima

Nella Serenissima, le frittelle si impastavano su grandi tavoli e poi si friggevano in padelle enormi con olio, grasso di maiale o burro. Una volta cotte, si spolveravano di zucchero e si servivano su piatti di stagno o peltro, con a fianco uvetta pinoli e cedri. Su altri piatti, si disponevano gli ingredienti usati come segno di bontà del cibo.

Nel 1619, circa 70 fritoleri si riunirono in corporazione. Erano gli unici a poter friggere e vendere le frittelle, che dovevano essere grandi circa 4 cm. Ognuno operava nella propria area esclusivamente all’aperto, dentro baracchini di legno issati tra calli e campielli. Unica regola da rispettare: vendere ma non a voce alta. Avevano anche un’insegna che esprimeva “l’arte dei fritoleri”: una tavoletta dipinta ad olio, oggi esposta al Museo Correr.

Il loro mestiere si tramandava esclusivamente da padre a figlio. In mancanza, veniva nominato un successore da Gastaldo (il capo delle singole arti) e poi approvato dai Giustizieri Vechi (la magistratura).

I fritoleri erano riconoscibili dal grembiule e dal vasetto bucherellato che tenevano sempre in mano per zuccherare i dolci fritti.

Abitualmente con le fritole si beveva “el vin de Malvasia” importato dal porto greco di Monemvasia, antica fortezza veneziana.

La fritola contagiò anche la cucina ebraica che la modificò in una propria versione ancora oggi preparata per la festa del Purim, che cade a metà marzo e ricorda la miracolosa salvezza del popolo ebraico vittima del malvagio Haman, in Persia.

La storia è finita. Entriamo in cucina con una ricetta speciale. Lo chef Roberto Zanca del Sì Streetalian Food di Padova, ci insegna le sue fritole. Ottime, provare per credere.

Fritole Carnevale

La ricetta di Roberto Zanca

Curiosità

Nella commedia di Goldoni “Il campiello” scritta per il carnevale del 1755, la protagonista Orsola è una fritolera.

“La venditrice di fritole” è un dipinto di Pietro Longhi e raffigura momenti di vita veneziana.

Una ricetta delle frittelle del 1300 è il più antico documento di cucina veneziana a noi giunto. Viene custodito nella Biblioteca Nazionale Canatense a Roma

Leggi anche…

Le frittelle di carnevale dello chef

RELATED ITEMS

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Send this to a friend