“La storia infinita”: quando Michael Ende si oppose all’uscita del film

Ci sono film che si sono impressi così a fondo nella nostra memoria identitaria da mantenere, illesi, il ruolo di cult anche con l’avvicendarsi delle generazioni.

Perché non ci sono Baby Boomer, Millennial o Gen-Z che non conoscano “La storia infinita“.

La pellicola sta per compiere 40 anni: risale, infatti, al 1984 e la regia porta la firma del tedesco Wolfgang Petersen (dietro le quinte anche per “La tempesta perfetta”, nel 2000, e “Troy”, nel 2004).

Tutti conosciamo la trama: Bastian, un ragazzino americano ferocemente bullizzato dai compagni di scuola, si rifugia in una libreria e scopre un libro “speciale”… da cui viene risucchiato. L’altrove? Il regno di Fantàsia – proprio quello generato dalla fantasia umana – che, però, per quanto strabiliante, è oramai prossimo alla distruzione.

Ma c’è una sottotrama che, in realtà, racconta molto di più. E che è facile individuare – soprattutto da adulti – nel discorso del temibile Gmork.

Gmork: Sei uno sciocco e non sai un bel niente di Fantasia. È il mondo della fantasia umana. Ogni suo elemento, ogni sua creatura scaturisce dai sogni e dalle speranze dell’umanità e quindi Fantasia non può avere confini.

Atreyu: Perché Fantasia muore?

Gmork: Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga.

Atreyu: Che cos’è questo Nulla?!

Gmork: È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo, e io ho fatto in modo di aiutarlo.

Atreyu: Ma perché?!
Gmork: Perché è più facile dominare chi non crede in niente. Ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere!

Non sorprende, conoscento Ende: i suoi libri hanno sempre affondato gli artigli – perché sono dolci solo in superficie, ma fanno male dentro – nell’animo umano, negli aspetti più filosofici della vita; qualcuno li ha persino definiti dei veri e propri percorsi iniziatici verso nuove consapevolezze.

Ma non tutti sanno che, proprio negli anni in cui il film prendeva forma, l’autore si disse estremamente deluso dal prodotto che ne stava uscendo fuori, sentendosi offeso al punto da cercare di evitarne la distribuzione nei cinema.

Il libro e il film: davvero così diversi?

Chi ha letto il libro de “La storia infinita” si sarà immediatamente reso conto di una cosa: si tratta di un racconto così peculiare, così incredibilmente diverso da qualunque altro e così visionario che renderlo appieno in qualunque altra forma sarebbe stato comunque impossibile.

Tant’è che, da quell’ormai lontano azzardo tutto europeo dell’84, nessuno si è più cimentato in questa impresa titanica (soltanto nel 2009 la Warner Bros ha pensato ad un nuovo adattamento, facendo i nomi di Kathleen Kennedy e Leonardo DiCaprio, ma il progetto non è mai andato in porto per problemi legati ai diritti).

Gli aspetti per i quali Ende non approvava il film erano tanti: non solo linee narrative troppo differenti in alcuni punti, ma anche alcune immagini, secondo la sua prospettiva, disturbanti, come le sfingi – troppo prosperose per un film per bambini – che definì oltremodo imbarazzanti.

Insomma, tanto amato nel mondo, tanto odiato dal suo stesso autore, il film riuscì a sbarcare il lunario solo quando Ende perse la sua battaglia legale, concludendo la faccenda con una dichiarazione durissima: “Auguro la peste ai produttori. M’hanno ignorato. Quello che mi hanno fatto è una zozzura a livello umano, un tradimento a quello artistico“.

Nonostante tutto questo, “La storia infinita” ha inaspettatamente vinto la sua scommessa con il tempo.

Un successo i cui tentacoli afferrano anche i nostri tempi, tra citazioni stra-famose (una su tutte quella nella serie TV “Stranger Things“) e commercial: proprio recentemente Noah Hathaway (Atreyu) ha girato per Spotify uno spot pubblicitario per festeggiare i 35 anni della pellicola.

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