La vendemmia di Paul Gauguin: al diavolo la precisione!

In molti conosciamo le fanciulle di Gauguin dai tratti morbidi e dalla grazia esotica, quello che oggi  Vi presento è un Gauguin insolito che parla col vino, nettare sacro e profano, dipende dai punti di vista.

Parliamo dell’opera “La Vendemmia. Miseria umana”, creata nel 1888 , a Novembre, durante il periodo di soggiorno nella Casa gialla di Arles.

Infatti, era il 3 ottobre quando il pittore acquistò un rotolo di tela da sacco che utilizzò per questo particolarissimo dipinto.

Non copiare troppo la natura, l’arte è un’astrazione: devi trarla dalla natura sognandola” questo disse a Van Gogh.

Nell’epistolario di Gauguin c’è una descrizione di quest’opera che è essenziale introdurre nell’ articolo poiché chi meglio dell’autore stesso può interpretare una sua creazione:

Viti porpora formano triangoli e la parte alta è giallo cromo. Sulla sinistra, una donna bretone di Le Pouldu in nero con un grembiule grigio. Due donne bretoni, con abiti verde-azzurro pallido e corsetto nero, sono chine in avanti. Il primo piano è rosa, con una povera mendicante con i capelli arancio, camicia bianca e gonna (terra verde con bianco). Tutto è realizzato con contorni decisi che racchiudono colori quasi primari, stesi molto spessi con una spatola su una rozza tela da sacco. È un effetto di vigne che ho visto ad Arles. Ci ho messo dentro le donne bretoni. Al diavolo la precisone!

È bello, incredibilmente bello, quando lo stesso Gauguin definisce la figura principale, una donna dai tratti non belli sicuramente, sicuramente assorta e indurita da una vita quadrata: “una mendicante davvero seducente”.

È una riflessione che con chiarezza lascia intravedere l’animo sensibile dell’artista che vede la seduzione non più in un bello precostituito e oggettivato, ma nel risultato del tempo e della fatica sulla carne.

È una donna enigmatica.

Una donna con pugni chiusi.

Una donna che a tratti sembra arrabbiata, forse diversa dalle altre due signore che lavorano la terra.

Forse chissà una moderna Elettra, la sorella che non si piega ai dogmi della convenzione, una guerriera del giusto che combatteva per non accondiscendere alla miseria umana eretta a quotidianità.

La vendemmia. Miseria umana - Gauguin

Un dipinto che si fa analisi psicologica e caratteriale

Amo, con amore ossequioso, le parole di Gauguin a difesa di questa donna, quando scrive in un’altra sua lettera:

Vedete nella vendemmia una povera donna infelice? Non è una creatura priva di intelligenza, fascino, di tutti i doni della natura. È una donna. È seduta, con il mento appoggiato alle mani, non sta pensando a qualcosa in particolare, ma prova semplicemente la consolazione di essere qui, su questa terra (questa terra semplice) inondata dal sole in un triangolo rosso di vigne. Passa una donna vestita di nero e le lancia un’occhiata come fosse una sorella… in francese, felicità e infelicità sono parole che esprimono uno stato; il nero è il colore del lutto.

Ciò che preme evidenziare è l’analisi psicologica e caratteriale dei personaggi del dipinto, nulla è lasciato al caso e, senza ombra di dubbio, la tela in questione, non tra le più note al grande pubblico, ha un valore iniziatico laddove spinge lo spettatore a introdursi nelle profondità delle proprie incoerenze umane.

Il piegarsi alle convenzioni – altra cosa rispetto le tradizioni che sono fuoco da conservare – implica il vestirsi di nero, cioè annichilirsi, il girare le spalle implica il vestirsi di colori, sebbene rimanendo assorti  in una forma di solitudine apparente.

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