Il San Giovanni Battista di Leonardo: giusto che non se ne parli troppo

È un dipinto di cui non si deve parlare troppo, anzi, parlandone troppo si ricadrebbe nella categoria dei divulgatori.

Quando Leonardo si muove camminando sopra certi fili è bene ravvedersene e abitare un silenzio accorto.

Il San Giovanni Battista è sicuramente un’opera enigmatica.

Non è certo l’enigma che ha fatto scalpitare il popolo per la Gioconda, è un’enigma meno evidente e costruito.

Risiede in quel sorriso lieve e nell’indicazione del dito, quella posizione allusiva della mano del Santo.

Oggi è conservato al Musèe du Louvre.

San Giovanni Battista

La tecnica scelta, “lo sfumato”, offre un messaggio interessante: il personaggio appare come una forma luminosa che emerge dall’ombra, vincendo un nero sfondo imperante, mentre la fonte di luce si trova evidentemente fuori dal campo pittorico.

Il Giovanni Battista di Leonardo, dunque, non è un generatore di Luce, ne è un testimone.

Ed è proprio questo ruolo di cui lo investe il Vangelo stesso, laddove si narra:

Apparve un uomo inviato da Dio; il suo nome era Giovanni. Venne per testimoniare, per rendere testimonianza alla Luce, affinché tutti credessero grazie a Lui. Egli non era la luce; egli doveva rendere testimonianza alla Luce.

San Giovanni 1,6

Pertanto, la tecnica scelta non è mera impressione pittorica quanto un leale sodalizio con la dimensione spirituale del Santo.

Interpretazioni

Mi concentro ora su un’altra interpretazione del Giovanni Battista di controversa attribuzione: parte della dottrina è concorde nel ritenerla opera del Genio, altra invece di un suo allievo.

Il Santo è qui rappresentato a figura intera, seduto dinanzi un paesaggio che si apre a sinistra su una vallata bordata da un fiume e da un massiccio montuoso: ricorda il paesaggio della Monnalisa.

San Giovanni Battista

Anche qui, preme prestare attenzione al dettaglio della mano, una chiara indicazione “a colui che verrà”, al Salvador Mundi.

Una tela, al contrario della prima, densa di simboli cristiani svelati: il cervo (simbolo di battesimo e del Cristo), l’aquilegia in primo piano come espressione della speranza di redenzione.

Mi interessa, però, evidenziare che la nudità del corpo del Santo, raffigurato come un Dio pagano, non è scontata né da sottovalutare, così come le grazie del volto per nulla seduttive e allusive come invece nel Giovanni Battista descritto in apertura.

Questi particolari mi suggeriscono – nel silenzio dell’intuizione – che forse non è opera attribuibile a Leonardo.

Dietro ricerche, infatti, sono arrivata alla consapevolezza che tra il XVI o XVII un pittore sconosciuto ha messo mano all’opera introducendo attributi tipici del Dio Bacco: ha dipinto una corona di edera sulla testa del Giovanni Battista e ha sostituito un bastone crocifero con un tirso, verga di Bacco.

Questa commistione tra sacro cristiano e sacro pagano rinforza l’immagine mistica e al limite del San Giovanni Battista, riprendo a tal riguardo un pensiero che Cassiano dal Pozzo scrive nel 1625:

Giovanni Battista nel deserto. Personaggio, le cui dimensioni sono ridotte di un terzo rispetto alla grandezza naturale, è estremamente delicato, ma non piace, in quanto non ispira venerazione, gli mancano il decoro e la somiglianza.

Ciò detto, rimango fedele a quanto affermato in apertura, del Giovanni Battista di Leonardo non bisogna parlare troppo perché è Mistero, dunque non rilevabile a parole ma per simboli ( non compresi ) ma intuiti.

Un’opera per tutti e per nessuno e, nell’arte – che è metafora di vita – bisogna stare sempre ben attenti a non passare dal lato dei divulgatori.

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