L’arte elettiva di Carla Mura: il filo come trama contemporanea

I musei sono chiusi, questi preziosi luoghi di culto laico e di ispirazione, essenziali custodi del bello. Ebbene, anche noi operatori dell’informazione culturale artistica dobbiamo trovare modi alternativi di raccontare la creazione tramite vie inesplorate. Ho pensato che, se non possiamo vedere dal vivo le opere, possiamo però creare dei profili animico/spirituali degli artisti. Un confronto dialettico con le profondità dell’artista, esplorazione chirurgica dei lati ombrosi e luminosi.

Gli artisti mi hanno sempre affascinato. Le loro personalità a-tipiche nel senso bello, il loro ingegno profumato, le loro strade di pensiero innovative.

Oggi parleremo con una donna libera, un’artista elegante: Carla Mura. Nasce a Cagliari. Inizia a dipingere nel 2001 partendo da una matrice angloamericana di pittura per poi trascendere nel mondo esotico con richiami alle spezie e ai colori di quei luoghi caldi, a seguito di un viaggio significativo in Africa nel 2003. Un’esperienza che ha segnato la vita dell’artista per l’approccio gestuale e materico all’opera che, più tardi, si eleverà all’utilizzo del Filo.

L’epifania del Filo avverrà a Roma, nel 2003, a seguito di una fenomenologia iniziatica che ha come principale protagonista una rocca di cotone beige con la quale Carla Mura inizia a sperimentare. È interessante come l’uso del filo sia, in effetti, prerogativa del femmineo da Arianna che aiuta Teseo ad uscire dal labirinto alla paziente Penelope che, leale al suo Odisseo, tesse e ritesse le sue attese con il sostegno della notte.

Nonostante queste rievocazioni ataviche è essenziale sottolineare che Carla Mura ha una forte anima contemporanea, sempre a Roma infatti la sua biografia si unisce, oltre che coi i vari grandi nomi dell’arte contemporanea tra cui l’esimio critico Achille Bonito Oliva, in particolare a quella della famiglia di Alighiero Boetti, incrocio che segnerà profondamente le sue trame.

La geometria, le lettere ed i colori diventano forme di comunicazioni simboliche, un’allusione ad un altrove che non ammette razionalizzazione ma pura e vergine intuizione artistica. L’opera di Carla Mura costringe infatti ad un esercizio di interpretazione affatto banale, è un’opera complessa, elettiva.

Come è nata l’artista Carla Mura? Essere artisti appartiene all’indole ed è dunque una sensazione innata o lo si diventa?

Credo che essere artisti sia innato, sviluppiamo da bambini l’interesse a determinate cose specifiche e se non abbiamo possibilità di praticarle, nella vita, prima o poi faremo qualcosa che farà venir fuori questa “dote”. Può capitare che la nostra libertà venga fuori anche in età non adolescenziale ma da grandi, da ragazzi. Nel mio caso, ho avuto da piccola un modo curioso di vivere le cose della vita, tante, e poi ho avuto sempre la sensibilità di voler approfondire aspetti della vita intimi e profondi. Questa è la differenza tra gli artisti e i non artisti. Nel mio caso una forte voglia di comunicazione per tutte le cose importanti della vita, da approfondire, per non lasciarle mai al caso o ad essere trattate come fossero irrisorie.

Non trovi tante persone nel tuo cammino che hanno voglia di approfondire i segreti della vita, le incertezze o le meraviglie. Tanta gente vive da spettatore e non da protagonista. Da numero e non da unica ed esclusiva persona. L’omologazione che ci impone la società può giocare brutti scherzi, tanta gente ne è succube. Cercare di pensare ed agire con la propria testa e il proprio volere è ormai raro. Le differenze si notano e si noteranno sempre, anche per chi non vuole ammettere che ci sono animi diversi tra gli uomini che hanno la possibilità di darci qualcosa di diverso, non dico di migliore o peggiore, ma di diverso, che può servire a capire il mondo con elementi nuovi e sensibilmente veritieri o realistici.

Quando andai a casa di Alighiero Boetti, quando vivevo a Roma, un mio caro amico che mi accompagnò mi disse una frase che mi resta impressa nella mente da allora. Disse: “Alighiero faceva resuscitare anche i morti”. Ecco, è vero, gli artisti toccano tasti sensibili che nessuno riesce a toccare se non noi. Siamo ormai indispensabili, d’altronde come potremmo vivere senza arte? Senza quadri? Senza musei? Sarebbe tutto diverso.

Come si è evoluta la Sua arte? Possono definirsi cambiamenti biografici o la Sua attività di creazione si distingue nettamente dalla sua esperienza umana?

I miei cambiamenti biografici hanno un peso importante solo quando lasciai la casa della mia famiglia e andai a vivere in una nuova casa da sola, all’età di 26 anni, a Cagliari. Lì ci fù l’inizio di tutto. La libertà individuale fa venir fuori la tua vera essenza e quello che non hai potuto sviluppare prima. Negli anni successivi, anche se ho cambiato otto case e tre città, non sono state utili a cambiamenti artistici. Potrei andare in qualunque posto al mondo, io sono questa, e sarò sempre questa, in qualunque condizione. L’ambiente non fa la differenza, ovviamente incide sulla pratica, perché le esperienze diverse incidono sulla tua anima, ma la sostanza non cambia.

L’esperienza umana certo incide, le vicissitudini della vita incidono tutte.

Cosa rappresenta per Lei il “filo solo”?

Per anni e da anni utilizzo il filo come elemento espressivo, ho utilizzato nel tempo tantissimi materiali, acrilici, elementi naturali, sabbia, spezie, colle, etc.

Filo solo” che ho utilizzato nelle mie bags è l’identificazione di questo periodo che vuole ribadire l’esclusività del materiale da me usato che mi ha dato grande soddisfazione e con il quale sono riuscita a trasmettere molte emozioni e molti concetti. Sicuramente approfondire il mio lavoro fa capire molto di più di cosa voglio comunicare al mondo. Questo vale per tutti gli artisti. Approfondire il lavoro risulta l’unica strada se si vuole entrare in totale armonia, sintonia o comprensione con l’arte che hai di fronte.

Quando si gioca a calcio si conoscono tutte le tecniche, le tattiche di gioco, e quando si guarda l’arte si dovrebbe conoscere l’artista e la sua storia. Ci dà maggiore soddisfazione. Certo, capisco che è impossibile farlo per tutti gli artisti viventi, ma basta che almeno su qualcuno ci si concentri, altrimenti non serve. La visione del solo quadro a volte non basta, entrare in profondità ci renderà sicuramente migliori o comunque più consapevoli di tante cose importanti della e per la vita.

Ho visto qualche giorno fa una mostra su Instagram, la prima antologica dedicata all’artista Carla Accardi morta 6 anni fa. Incredibile che l’abbiamo fatta solo dopo la sua scomparsa e non prima. Una donna che ha fatto tanti lavori, tante opere diverse, con tante tecniche utili per capire gli artisti e quelli che sono i differenti percorsi che ognuno di noi attraversa nella sua vita. Devo dire che questa mostra al Museo del Novecento a Milano, ora chiusa al pubblico per via del Covid, mi ha rincuorato molto. L’utilizzo di diversi materiali, diverse tecniche, non sono un valore negativo ma positivo e realistico dell’artista. Proprio come capita a me. Adesso da anni utilizzo il filo con supporti diversi, nel tempo sarà lo stesso o sarà altro. Nessuno può saperlo.

Carla Mura

Ultimamente sta lavorando con nuovi materiali, come è nata questa progressione?

In questo periodo lavoro sempre con il filo, l’ultimo mio quadro che ho pubblicato sui social è “Running”: è un monito all’utilità dell’espressione fisica, è un grido alla troppa frenetica sopravvivenza umana, a questo mondo accelerato, per me troppo. È un grido per i rapporti persi, per i rapporti fluttuanti, per i rapporti inutili , troppo veloci, senza passione, senza riferimenti. È anche un’architettura metropolitana, ma che ha un pensiero intimo come spiegato. Amo questo tema, ho iniziato a svilupparlo tanti anni fa, nel 2006 con i miei quadri “Metropoli” che sono passaggi, quindi dinamismi con il filo di cotone per km di filo su tela. Riunisce quindi più aspetti come in moltissimi miei quadri. Ci sono sempre diversi aspetti in un’opera. Spesso sono provocazioni di riflessione, spesso intime visioni o ricordi. Comunque, io non sono una leggera presenza. Ho con me tutto il peso del vivere, nel bene e nel male. In questo periodo sto lavorando, ma sto anche leggendo molto, sto pensando, sto verificando, sto programmando. Utilizzo questo tempo di “stasi” espositiva, se non via social, per riflettere su modus operandi futuri. I modi ed i mezzi cambiano e anche noi artisti, che eravamo abituati agli incontri, alle esposizioni, alla presenza della gente alle nostre mostre, viviamo diversamente lo sviluppo di questa pandemia, utilizziamo più i social o i rapporti diretti via mail o telefonici per avere e sviluppare progetti nuovi. Tanti musei si sono già organizzati con visite virtuali, le persone si abituano anche a questo. Tanti collezionisti abituati a comprare, capiscono il quadro anche per foto o video. Gli esperti sono esperti.

Lei sta attuando un costante percorso dialettico con i suoi followers sui social relativo all’emergenza Covid, un’opera di sensibilizzazione attenta. Ritiene che Voi artisti abbiate più di altre categorie un dovere di confortare e accudire la cittadinanza con messaggi che possano essere di sostegno in questo particolare momento?

Fondamentale essere veri. In questo momento viviamo una continua alternanza di emozioni, dalla preoccupazione alla speranza. A volte siamo in grado di reagire ed essere fiduciosi sul futuro, altre volte credo non sia così. Io vivo questo in questo momento, certo è che le persone che non sono riuscite a sopraffare questo virus sono tantissime, sia in Italia che nell’intero mondo, e questo è un fatto molto grave per il 2021. Non abbiamo nessun controllo sulla nostra vita. Siamo in balia di eventi più forti di noi. Dobbiamo quindi cercare di fare il possibile, individualmente per il rispetto di tutto e tutti. La vita è labile. Gettare una bottiglia per terra genera conseguenze che neanche ci immaginiamo, offendere una persona genera altrettante conseguente a noi ignote, e così via. Per questo, tutto deve diventare più importante, una sorta di “Impero della purezza”, quadro che ho realizzato nel 2005, filo di cotone, alabastro e plexiglass, che per me è sempre da tenere in considerazione come motus dell’animo. Tutto quello che viviamo e che facciamo deve essere responsabilmente fatto. Noi siamo lo specchio del mondo. Noi artisti ci esprimiamo naturalmente, quello che viviamo e siamo lo mettiamo su tela, se rincuoriamo o facciamo porre delle domande dipende dal caso. Non credo che l’arte debba rincuorare, anzi, nel tempo ci sono state tante opere d’arte che non hanno rincuorato affatto, come L’Urlo di Munch o quadri di Frida Kahlo o di Ligabue o di Artemisia Gentileschi, dove abbiamo trovato racconti reali di vita non di certo rincuoranti. I dilemmi che l’arte pone, i quesiti sono fondamentali per un’evoluzione spirituale consona a vivere una vita più profonda, dove tutto ciò che appartiene all’essere uomini può essere sviluppato, questo è fondamentale. Non lasciare niente di incompiuto, ogni singola nostra cellula deve parlare e interagire, deve svilupparsi con la più alta nobile forma di cui siamo composti. Starà a noi coglierne l’essenza e l’insegnamento, a seconda di come si svilupperà tutto questo, saremo delle persone migliori o peggiori. Per quanto riguarda il Covid, sicuramente è nostra premura sottolineare aspetti di vita reali che possiamo o meno sviluppare artisticamente. Sempre con attenzione alle cose importanti che capitano, siano esse la salvaguardia del mondo o della persona. Non credo che in questo periodo tante persone abbiano capito bene la drastica imposizione di questo Covid sul mondo, e credo che molta gente non sia affatto migliorata nei modi, con i vari lockdown; invece, credo che si debba per forza essere migliori perché per noi è la prima volta che capita una tale tragedia, con tantissimi morti. L’insensibilità regna in questa società. Siamo arrivati al punto di giustificare la sensibilità, sono estremi che non fanno bene. Fortunati noi artisti che possiamo dare, fortunati noi artisti che possiamo raccontare con mezzi di espressione antichi e utili. Chi vorrà ci accompagnerà, sempre.

L'impero della purezza, filo di cotone, alabastro, Carla Mura
L’impero della purezza, filo di cotone, alabastro.
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