Arrival: “Se potessi vedere la tua vita dall’inizio alla fine, cambieresti qualcosa?”

Il nuovo anno è cominciato,ormai, da un po’ ma non sembra portare con sé, almeno per il momento, la riapertura dei cinema.

E mentre si parla di nuovi Dpcm e di una probabile zona bianca per le regioni più “fortunate” e virtuose, noi amanti dell’intrattenimento d’autore non abbiamo altra scelta che fiondarci su tutte le piattaforme streaming disponibili – che, data la situazione, stanno spesso regalando convenienti coupon per fruire dei loro servizi – per goderci qualche film o perderci tra gli episodi di una serie Tv.

Ed è proprio sull’onda di questa voglia di cinema in sala, di luci soffuse e profumo di popcorn che, qualche sera fa, ho recuperato un film del 2016: “Arrival“.

Si tratta di una pellicola firmata Denis Villeneuve (lo stesso regista che, l’anno dopo, avrebbe mandato tutti in delirio con il suo “Blade Runner 2049“) con protagonisti la bravissima Amy Adams e Jeremy Renner.

Su questo film ne avevo lette di tutti i colori: c’era chi lo definiva soporifero, chi inutilmente lungo, chi di una noia mortale. Mi ero lasciata influenzare da questi giudizi – molto superficiali – e ne avevo sempre rimandato la visione.

E avevo fatto molto male.

Non è il solito film sugli alieni

Arrival è un film che parla di alieni, ma non è un film sugli alieni: è un film sugli umani.

Arrival, human

L’arrivo di questi esseri così particolari sul nostro pianeta sembra soltanto un pretesto, per il regista, per affrontare, in realtà, tematiche che sono tutte nostre. E non dovrebbe stupire, visto che il racconto originale da cui il film è stato tratto (di Ted Chiang) si intitola “Storia della tua vita“.

L’intera trama si snocciola intorno ad un concetto che viene chiamato “ipotesi della relatività linguistica“: detta anche ipotesi di Sapir-Whorf (SWH, dai nomi dei suoi ideatori), afferma che lo sviluppo cognitivo di ognuno di noi sia influenzato dalla lingua che parliamo. Addirittura arrivando a condizionare il nostro modo di pensare.

Così, quando la protagonista (una linguista affermata) viene chiamata dalla SSBI (Single Scope Background Investigation) ad interpretare il linguaggio di alcuni alieni atterrati in 12 punti diversi della Terra per comunicare con l’umanità, si comincia ad intuire che questa sua esperienza non avrà nulla a che fare con il “fuori”, ma con il “dentro”.

Louise – questo il suo nome – si ritroverà ad empatizzare e comunicare con degli esseri con 7 tentacoli (gli eptapodi) che si esprimono manipolando una sorta di inchiostro simile a quello delle seppie, creando dei simboli circolari “decorati” da vari tipi di dettagli che rappresentano un vero e proprio linguaggio “pittorico”: è l’eptapodese.

Arrival,il linguaggio degli eptapodi

Questa “circolarità”, poi, ci si rende conto che comincia a coinvolgere tutto, anzi, che lo ha sempre fatto, sin dall’inizio: la vita dei personaggi, il racconto, il modo in cui abbiamo “vissuto” l’evolversi della storia. D’altronde, il film si apre in modo inequivocabile: “La memoria è una cosa strana, non funziona come credevo. Siamo così limitati dal tempo, dal suo ordine. Ricordo alcuni momenti in mezzo. E questa è stata la fine. Ma ora non so più se credo che esista un inizio e una fine. Ci sono giorni che determinano la tua storia aldilà della tua vita, come il giorno in cui arrivarono“.

Non mi dilungo nei particolari per non rovinarvi la sorpresa, ma anche la chiusura è densa, concisa eppure ricchissima di significato: Louise, parlando con gli eptapodi, comincia a pensare come loro, a sognare come loro, ad “avvertire” la realtà come loro, in una maniera molto diversa da quella a cui noi esseri umani siamo abituati.

Ed il cerchio si chiude – in tutti i sensi – con una domanda, a cui lei risponde in un modo che riempie e spezza il cuore allo stesso tempo: “Se potessi vedere la tua vita dall’inizio alla fine, cambieresti qualcosa?“.

Non vi svelo le scelte e le prese di posizione di Louise, ma vi rigiro la domanda: se poteste conoscere il corso della vostra vita, cerchereste di influenzarlo?

E, qualora decideste di cambiare qualcosa, sareste proprio sicuri di non intraprendere, invece, lo stesso identico e ineluttabile percorso (paradosso temporale) che porterà esattamente agli eventi che volete evitare?

Viviamo in balia del destino o possiamo effettivamente fare qualcosa per solcare, ad ogni passo e senza predeterminazione, il sentiero della nostra esistenza?

Arrival

Licenze narrative e vera scienza

Un’ultima chicca per gli appassionati di scienza come me: licenze narrative ed effetti speciali a parte, c’è tanta vera scienza in questo film: merito del suo principale consulente scientifico, Stephen Wolfram, fisico e matematico britannico noto per i suoi studi di fisica delle particelle, teoria della complessità, automi cellulari e algebra simbolica ed ideatore della piattaforma/app Wolfram Alpha, un motore computazionale che risolve quesiti matematici complessi di tantissimi tipi.

Insomma, se anche voi avete perso la visione di Arrival al cinema, in queste serate invernali al sapor di “coprifuoco” datevi la possibilità di recuperarlo: non ve ne pentirete.

E, qualora aveste bisogno di un ulteriore motivo per farlo, vi lascio con la meravigliosa colonna sonora targata Max Richter che, non a caso, è intitolata “Entropia“.

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