
Sono tempi angusti. Il vento sembra soffiare storto e storcere anche i pensieri, rivolgerceli contro. Grazie al cielo le architetture serie sono
immobili, come il Sole di questi tempi: Invictus.
Ogni mattina, per raggiungere lo studio legale Adorno a Venezia per cui
collaboro, passo per la Scola Granda di San Rocco. E non è casuale quello che sto dicendo. Anzitutto adoro vedere la scritta “Calle Tintoretto” sul muro. Ma c’è di più: la storia di questa scola è legata ad una pandemia ed è una idea di virtù eretta su stile e contributo di artisti di fama.
La Scola Granda di San Rocco
In epoche passate qui ci si affidava al bello, lo Spirito cantava.
Ora siamo dimentichi di quella trinità impostaci con gentile concessione da Platone che ha fondato il pensiero occidentale: bello, buono e giusto sono la stessa cosa. L’uno e Trino.
La Scola Grande di San Rocco è paradigma vivo di questo principio fattosi carne. Non ci servono led, ci servono mura. Non ci servono video-spot, ci servono tele, affreschi connotati di Verbo Sacro.
La scuola di San Rocco fu fondata nel 1478 e deve la sua importanza alle reliquie del santo protettore della peste, trafugate da Montpellier e giunte a Venezia nel 1485. Solo però nel 1516 si realizza l’attuale sede su progetto di Bartolomeo Bon, poi allontanato per divergenze con i confratelli. Ma sono il piano nobile e la parte alta della facciata che meritano interesse poiché vennero conclusi da Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino (1527-1541). All’interno, come tempio fecondo, custodisce silenzioso uno dei più straordinari cicli di teleri realizzati da Tintoretto,
intonso.
L’Angelo del Tintoretto
Tintoretto impiegò 24 anni per portare a conclusione la decorazione delle pareti e dei soffitti presso la Scuola. Al Salone terreno è possibile ammirare l’Annunciazione, dove la Madonna è raffigurata come una ragazza di campagna e l’Angelo sembra letteralmente fare breccia nel muro.

Ci servono angeli, schiere di angeli, ritti come baionette ad accompagnare il nostro incedere ora lento, ora greve, ora appiattito da uno spirito pesante che sente gli umori della carne. Quelle schiere di angioletti del Tintoretto, puttini addolciti nelle forme, preludono all’arrivo dell’Angelo che, maestoso e temibile, indica con la mano destra l’insù; lo stesso insù del Giovanni Battista di Leonardo, certo con meno sorrisi, un enigma meno ironico quello della Scola di San Rocco.
San Giovanni Battista, Leonardo da Vinci Particolare dell’Annunciazione del Tintoretto
È nel sempiterno che risiede l’unica salvezza.
È in quell’insù.