Icons: gli scatti di Steve McCurry a Palazzo Sarcinelli

Non è certo il periodo migliore per parlare di mostre fotografiche, ma c’è un appuntamento, a Conegliano, che è atteso da tanti e che sta tenendo tutti col fiato sospeso.

Parliamo di Icons, l’esposizione di oltre 100 opere del fotografo Steve McCurry che, per la prima volta in Veneto, faceva già sognare tutti i residenti e si proponeva come “gancio” per attirare moltissimi turisti dalle regioni cirostanti. Un’esposizione che avrebbe dovuto inaugurarsi il prossimo 22 dicembre e che, invece, ha rinviato l’apertura a inizio anno. Con il nuovo DPCM in vigore, infatti, si è sancito che mostre e musei restino chiusi fino al 15 gennaio 2021.

La mostra di Conegliano

Steve McCurry non ha certo bisogno di presentazioni: a parlare per lui ci sono gli occhi penetranti di quella “ragazza afgana” che ha immortalato negli anni ’80 e, poi, ritrovato agli inizi dei Duemila, impegnandosi persino ad aiutarla a superare un momento molto difficile.

Ed è, infatti, proprio quella ragazza afgana, oggi una donna, Sharbat Gula, a comparire sulla locandina della mostra di Conegliano.

Icons a Conegliano, locandina

A Palazzo Sarcinelli si ritroveranno riunite oltre 100 delle sue immagini – Icons, appunto -, fotografie che hanno fatto la storia del settore e viceversa, che si sono miscelate ed identificate nella storia, diventando testimonianze di tempi, costumi, società.

D’altronde, è lo stesso McCurry ad affermare che: “La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco il momento in cui si affaccia l’anima più genuina, in cui l’esperienza si imprime sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che può essere una persona colta in un contesto più ampio che potremmo chiamare la condizione umana“.

Fotografare a rischio della vita

Non è una coincidenza che il sottotiolo della mostra di Conegliano sia: “Fotografare a rischio della vita“.

Nel 1979, le truppe sovietiche invasero l’Afghanistan per soccorrere il
governo nel tentativo di spezzare la resistenza dei Mujāhidīn, sostenuti dagli Stati Uniti. Steve McCurry, travestito da afghano, si ritrovò ad entrare nel territorio con un gruppo di ribelli: era privo di documenti, con in tasca soltanto la macchina fotografica e un coltellino svizzero. Aveva solo 29 anni.

Il viaggio e la permanenza in quelle terre investì tantissimo tempo (solo in India si è trattenuto quasi 2 anni) ed energie, isolato completamente com’era dal resto del mondo e costretto a spostarsi da una zona all’altra nel bel mezzo della guerra fredda, mettendo a rischio persino la propria vita.
È stato in quel frangente che l’artista ha sperimentato il senso più profondo di amicizia, umanità e solidarietà, comunicando anche soltanto con un linguaggio fatto di segni e gesti e diventando testimone di quella vita di stenti che soltanto la guerra è in grado di generare.

Da quell’esperienza è nata l’opera prima di McCurry, quella in bianco e nero, ma il legame che si è intrecciato tra quel giovane fotografo statunitense e quella terra disastrata è rimasto così solido da essersi rinnovato, poi, più volte anche negli anni seguenti.

E fu proprio nel 2002 che partì un lavoro di documentazione sulle miniere in Afghanistan, luoghi fatti di un terreno ricchissimo di minerali non ancora del tutto sfruttato e di una vita poverissima e malsana che costringeva la gente a vivere in condizioni estreme. Proprio lì, alle porte di una miniera di carbone, McCurry imprimerà su pellicola una delle sue opere d’arte: un uomo che, riemerso da un turno di 12 ore, ancora coperto dai detriti, esce all’aria aperta… e si accende una sigaretta. In uno scatto, la tempra degli afgani, un popolo fiero, che non rinuncia alla dignità.

D’altro canto, è proprio dall’Afghanistan proviene Sharbat Gula, la ragazza apparsa in copertina sul National Geographic, incontrata fugacemente nel campo profughi di Peshawar, in Pakistan, quando aveva solo 12 anni.

Info sulla mostra

Come detto, la mostra avrebbe dovuto essere inaugurata questo 22 dicembre e continuare fino al 2 maggio 2020. Dato lo slittamento dell’apertura, ci riserviamo di aggiornarci alla comunicazione di notizie più certe.

“Icons” ha l’ambizione di fare luce sulle esperienze fotografiche e di reportage di McCurry, ripercorrendo la sua storia artistica e personale e offrendo ai visitatori la sua esclusiva visione estetica, con le immagini di più grande impatto emotivo.

Le sue icone saranno ritratti, immagini di guerra, culture extraoccidentali, scenari quotidiani, poetici o drammatici, nel pieno stile-verità del fotografo.

La mostra è a cura di Biba Giacchetti, organizzata da ARTIKA, in collaborazione con Sudest57 e Città di Conegliano: per scaricare la brochure ufficiale, basta cliccare qui.

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