Antonio Canova e la suggestiva gipsoteca di Possagno: un luogo di confine e sogno

Antonio Canova nasce a Possagno nel 1757, a Novembre, sotto il segno dello scorpione.

È stato un artista poliedrico, non solo scultore ma anche un bravo disegnatore e pittore. Ritenuto dai posteri il più eccelso esponente del Neoclassicismo e per questo chiamato “il nuovo Fidia“. Sin dai primordi della sua carriera si è dimostrato naturalmente predisposto alle teorie neoclassiche di Winckelmann e Mengs e, seguendo le mode dell’epoca e portando le opere ai massimi livelli di virtuosità, ebbe importanti committenti come gli Asburgo, la corte pontificia e Napoleone.

La casa del Canova

Tutt’oggi esiste un remoto angolo di paradiso, nelle terre venete, a Possagno: la casa del Canova e la sua gipsoteca. Si tratta di un posto di confine, in continua tensione tra sogno e realtà. In quelle sale sono conservati centinaia di gessi, a testimonianza di un lavoro continuo, gravoso e intenso dello scultore. Le opere finali erano il passo conclusivo di una serie di procedimenti ed esperimenti lunghi. Canova seguiva un attento e preciso studio preparatorio che partiva dal disegno, si trasferiva all’argilla e poi al gesso per finire al marmo. Ma era proprio nel gesso che applicava le ‘repère’, cioè dei chiodini di bronzo che permettevano allo scultore di riprendere le misure e seguire le proporzioni nel momento del trasferimento al marmo.


Mi ha molto colpito che il giardino esterno sia coltivato e curato secondo le premure e con le stesse essenze arboree del tardo Settecento, ho notato con meraviglia la presenza dell’antica ‘pignera’, cioè il Pino italico, che Canova in persona piantò nel lontano 1799.


La gipsoteca è stata un’idea del fratellastro dell’artista, l’allora vescovo di Mindo Giovanni Sartori. L’edificio fu poi progettato nel 1836 da Francesco Lazzari, un importante ed apprezzato architetto veneziano, venne poi ampliato nel 1957 da Carlo Scarpa in persona, in occasione delle celebrazioni dei duecento anni dalla nascita dello scultore.


Camminando tra quelle suggestive sale ho incrociato la versione di prova delle ‘Tre Grazie’, le due versioni definitive infatti sono all’Ermitage e al Victoria and Albert Museum di Londra. In questo capolavoro, Canova rievoca un’ispirazione mitologica richiamando la storia delle figlie di Zeus: Aglaia, Eufrosine e Talia; tre dee buone e gentili che regalavano felicità e benessere al mondo degli umani. Il principio estetico del Canova è riflesso in modo subliminale nello stesso etimo del termine ‘grazia’, nel senso di cosa gradita e bella. I loro volti sono di profilo, ma la Grazia centrale è vista frontalmente e questo crea un senso di unione, assieme al gioco di gesti evocativi, che rende il tutto incredibilmente fascinoso. Nella scultura si trova un solo elemento d’ornamento, una colonna di stile dorico sulla sinistra, come base d’appoggio per le fanciulle. La nudità, seppure sensuale e allusiva, rientra con classe nella dimensione dell’eleganza e del sereno.

Le Tre Grazie, Canova


Canova si dimostra, girando tra le sale di questo meraviglioso luogo pregno d’arte e magia, non solo uno scultore ma in primis un osservatore dell’anima e degli espansi sentimenti che in questa albergano.

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