Martedì della Regione: “Volevo nascondermi”, la nostra recensione

di Elisa Pizzato

Il mese di ottobre è decisamente significativo per il Veneto: ritornano, infatti, i Martedì della Regione, una rassegna cinematografica volta ad offrire agli appassionati cinefili la visione di opere d’autore al prezzo speciale di 3 euro. Grazie a questo evento, siamo riusciti a recuperare “Volevo nascondermi“, il film diretto da Giorgio Diritti sulla vita tormentata del pittore Antonio Ligabue.

Il film

Sin dalle prime scene capiamo che la vita di Antonio “Toni” Ligabue (Elio Germano) non è stata per niente facile. Con un montaggio ritmato ed incalzanti salti temporali, lo spettatore passa dall’osservare Toni mentre fa i capricci con la madre adottiva al domandarsi, nella scena successiva, come mai da adulto sia rinchiuso in un manicomio. Anche se, inizialmente, questo tipo di narrazione può risultare difficile da comprendere e i dialoghi dei personaggi sono ridotti all’osso, questi primi venti minuti sono fondamentali per comprendere come Antonio Ligabue sia diventato un artista.

C’è una vita, quindi, da conoscere prima della pittura. Antonio Ligabue è figlio di un’emigrante italiana ma viene affidato a Johannes Valentin Göbel ed Elise Hanselmann, una coppia senza figli di svizzeri tedeschi. A causa del suo carattere difficile e delle condizioni economiche precarie, l’infanzia di Toni è stata caratterizzata da grandi disagi ai quali si univano le malattie da cui era affetto. Ligabue viene, quindi, espulso dalla terra dove è cresciuto e inviato in Italia a Gualtieri, dove viene accolto nell’Ospizio di mendicità Carri e successivamente, come faceva in Svizzera, si ritrova a praticare una vita da vagabondo. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati nell’inverno 1928, però, cambierà la sua vita; l’artista lo convince a farsi ospitare nella casa della madre. Qui, per dare sollievo alle sue ansie e inquietudini e riempire la sua solitudine, Toni inizia a dipingere e a creare forme di creta con una preferenza per il mondo animale.

Osserviamo Ligabue durante il processo di creazione, mentre imita gli animali che sta dipingendo e fa smorfie di fronte alle tele bianche: un processo senza dubbio affascinante, anche soprattutto grazie alla straordinaria interpretazione di Elio Germano che gli è valsa l’Orso d’argento al Festival di Berlino. Come era già successo per il poeta Giacomo Leopardi ne “Il giovane favoloso“, Elio Germano riesce a immedesimarsi completamente nel personaggio e a trasformarsi in lui al punto che lo spettatore non riesce più a riconoscerlo. Il suo Antonio Ligabue in “Volevo nascondermi” è fisico, un uomo semplice e grezzo dotato di una sensibilità fuori dal comune e di un ego spropositato che infondono tenerezza e simpatia; salendo a livelli altissimi di recitazione attraverso sguardi, gesti, trasparenze emotive e rabbiose o innocenti: non una scoperta, ma più che una conferma dell’impegno che Germano mette in ogni ruolo che interpreta.

In questo caso, non solo regge, ma supera il pur grande Flavio Bucci.

Le nostre impressioni

Il regista Giorgio Diritti ci regala un film da non dimenticare, che tratta della scalata sociale di una persona problematica (mostrando come ognuno possa realizzare i propri sogni) e della ascesa e decadenza di un’artista spesso preso in giro e molte volte sfruttato. La biografia di un artista molto difficile – cresciuto tra mille avversità e in realtà diverse che lo hanno trascinato da severità inaudite ad affetti spontanei, da durezze atroci a carezze dolcissime – è stata rappresentata con maestria cinematografica, primi piani intensi e fotografie di posti, natura e borghi, con una colonna sonora degnissima e una scelta di attori molto attenta.

Insomma, un film da non nascondere!

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