Poesia e foto di Tommaso Cevese.
Un omaggio alle nostre montagne fortemente colpite dalla Tempesta Vaia lo scorso ottobre.
Addio monti sorgenti di vita
familiari a chi affonda
radici lunghe e possenti
fin dall’età più antica.
Addio cime che ho visto
dorarsi al primo albeggiare
e al lento tramonto del sole.
Ho respirato con voi
la pace del bosco.
Mi avete cresciuto
nella terra che è madre
d’ogni creatura e la luce
riveste, la pioggia disseta.
Addio mia casa natale
valle dolce e consueta
il mio corpo piegato
da forza mai vista
da rabbiosa tempesta
s’è spezzato per sempre.
M’ha sradicato dal suolo
il vento impetuoso
che sale talvolta con volo
furioso, improvviso
e s’è fatto a spirale
la pioggia battente
dal cielo infernale.
Son caduto nel vuoto
coi fratelli vicini
birilli a terra sbattuti
con cupo fragore.
Nel bosco non restan
che cimiteri di tronchi
l’uno sull’altro adagiati
mare di morti insepolti
che fa piangere il cuore.
Le radici rivolte all’insù
guardan passaggi di nubi vaganti.
Ma già sulla zolla divelta
un fiore è spuntato
a dire una vita rinata
su tristi macerie.
Ripulito dai rami
sarò legno per bancali
mobili, tetti e oggetti vari.
Solo pochi abeti rossi
saranno un giorno piani
chitarre, arpe e violini.
Imbarcato su un cargo
viaggerò verso lidi lontani
lungo la Via della seta
per approdare in Oriente
come ultima meta.
Sarà di cent’anni l’attesa
di terre offese e stravolte
per riveder alberi nuovi.
Così è cambiato il volto
di monti e pianori, ricchi
un tempo di floridi boschi
ora nudi, monchi e feriti
teatro di scheletri muti.
La mia sorte è giacere
in un campo di morte
e lasciare monti vicini
per mondi remoti.