Prato di Canzio: il vino ritrovato

Casa Maculan reinterpreta la storia.

L’Azienda Agricola di Breganze torna dopo ventun anni a produrre la storica etichetta “Prato di Canzio”, blend di uve a bacca bianca già prodotto tra il 1978 e il 1996 che ritorna sul mercato con il millesimo 2017. Ancora una volta la modernità reinterpreta la storia di un territorio.

Si tratta di un’etichetta storica, tra le più rappresentative della Cantina, che riuscì a conquistare, tra gli altri, anche il gusto di Gualtiero Marchesi che ne volle un’etichetta personalizzata con il nome del suo ristorante e lo considerava tra i suoi vini preferiti. 

La produzione fu interrotta nel ’96 in risposta a una tendenza dell’epoca che privilegiava i vini monovarietali. Oggi la riscoperta, da leggere come l’occasione di reinterpretare le proprie origini con il gusto odierno, per capire in che modo vent’anni di esperienza possano cambiare l’idea di un vino.

Le differenze tra Prato di Canzio 2017 e le annate storiche – spiega Maria Vittoria Maculan, enologo – sono diverse infatti, a partire dalle uve che compongono il blend. È aumentata la quota di uva Vespaiola, varietà autoctona che ha il pregio di donare freschezza, e l’uso del legno, oggi più ponderato. Il risultato è un vino ampio e profondo, che conserva una grande bevibilità”. 

Prato di Canzio 2017 è composto per il 50% da uve Chardonnay, per il 30% da Vespaiola e per il restante 20% da Sauvignon. La vinificazione delle tre uve è differente: in acciaio per Sauvignon e Vespaiola mentre la fermentazione dello Chardonnay avviene all’interno di barrique di rovere francese. In fase di affinamento solo lo Chardonnay trascorre 5 mesi in barrique sui lieviti, mentre le altre due affinano in acciaio, finendo per riposare un anno in bottiglia.

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