L’angolo di Gastone

di Ariberto Tommaseo Ponzetta

Una visita guidata tra i vigneti storici dell’isola di Sant’Erasmo a Venezia

Oggi, nella mia consueta gita fuori porta, mi sono spostato nell’isola veneziana di Sant’Erasmo per conoscere Gastone Vio, detentore delle più antiche vigne di dorona e considerato il custode dell’antico patrimonio vitivinicolo di questo luogo.

Per chi non vi è mai stato, Sant’Erasmo è un’isola veneziana tra Murano, Burano, Torcello e Punta Sabbioni, le principali attrazioni turistiche della zona.

Sceso dal vaporetto mi dirigo verso uno dei luoghi più ameni e tranquilli della laguna veneziana, lo chiamerò… l’angolo di Gastone.

Un assaggio di storia

Per capire appieno l’importanza storico – culturale dell’isola bisogna fare la giusta regressione storica.

Un tempo denominata orto e giardino di Venezia, ora vive un periodo di stasi tra attese di rilancio da parte del comune e migrazioni dei restanti abitanti verso altri luoghi, in primis, il più attrezzato litorale Cavallino- Treporti.

L’isola è tutt’ora intensamente coltivata e, oltre alle prelibatezze vinicole di Gastone Vio e del francese Thoulouze (azienda orto di Venezia), vanta un’eccellenza rara con il suo prelibatissimo e singolare carciofo violetto.

Terra ricca di argilla e sabbia, il caranto come si usa dire in “venexian”, un insieme di argilla, limo e sabbia, e, come ci spiega Gastone, terre più argillose, ricche e strutturate a sinistra e sabbiose e limose a destra dove il carciofo ha più successo. Inversamente l’uva migliore trova maggior espressione sul lato sinistro dell’isola.

Qui i vitigni hanno nomi sconosciuti ma con radici vecchie e importanti… La dorona su tutte, biotipo di Garganega (definita grossa), poi bianchetta, Malvasia IstrianaTrebbianoRaboso veronese.

Alla scoperta delle vigne

La grande esperienza e saggezza di Gastone ci porta a scoprire i vitigni da lui coltivati, ossia dorona, bianchetta e raboso. La prima fa da portabandiera aziendale e ostinatamente portata avanti e difesa da qualsiasi forma di contaminazione e/o mode che il mondo enologico vorrebbe affrancare.

Proprio durante la settimana del nostro incontro, Gastone ha ricevuto la visita per la certificazione della varietà dorona, indiscutibilmente legata a lui e ai suoi antenati visto che le piante hanno un’età media secolare, con punte anche di 120 anni! E tutte a piede franco, ossia senza il portainnesto americano.

Il terreno limoso-sabbioso ha permesso tutto ciò poiché la temuta fillossera non intacca nella sabbia.

Passando tra i filari ci rendiamo conto di essere davanti ad un vigneto che trasuda storie e che ha comunque ancora molto da raccontare poiché le viti sono ancora vigorose e sane. 

Gastone continua a propagare le piante interrando le talee e ci mostra in un angolo della vigna 3 piante che sono innestate. Le ha fatte fare appositamente per capire le differenze, soprattutto qualitative nel vino.

Le radici a piede franco affondano molto in profondità mentre il piede americano resta più in superficie quindi assorbe meno minerali e meno sostanze dal terreno.

Attenzione e rispetto per la terra

Gastone lavora la terra in maniera totalmente naturale, lasciandola inerbita e sfalciando l’erba un paio di volte l’anno. I trattamenti sono esclusivamente a base di rame e zolfo, cercando di essere il più attento possibile alla fioritura primaverile, momento cruciale per il proseguo della pianta.

Oltre alla certificazione della dorona, Gastone ha in cantiere il progetto di una nuova cantina, funzionale e a norma. Idea da noi pienamente condivisa, di cui parleremo tra qualche anno, poiché rigorosamente ancora top secret.

La mattina soleggiata e calda passa velocemente tra scambi di opinioni ed idee e la mia curiosità e attenzione verso Gastone si fa magnetica quando, con tutta la semplicità del mondo, parla del suo modo di vinificare arcaico, solo in damigiane di vetro, la fermentazione con solo lieviti indigeni, rigorosamente sulle bucce, ma senza definire un tempo, quello lo si capirà dall’annata, dallo spessore della buccia e dal grado zuccherino.

Qui di chimica non c’è nulla, neanche la solforosa.

Ci sediamo all’ombra di un fico, e cominciamo a degustare i vini

Assaggiamo prima la dorona 2018, imbottigliata ad aprile.

È di un giallo paglierino intenso con riflessi dorati, consistente e senza residui di carbonica. Al naso è pulito, con sentori floreali, the, tamarindo e il tocco salmastro delle terre di Sant’Erasmo.

Ma è in bocca che esprime la sua maggiore energia poiché coniuga una facilità di beva a un complesso e lungo finale sapido minerale.

Cosa dire? Io resto sempre spiazzato con i vini di Gastone… Ogni volta diversi, in continua evoluzione, mai banali, eppure semplici e conviviali. 

Gastone Vio e Ariberto Tommaseo Ponzetta

Assaggiamo pure un raboso, varietà Veronese, leggermente mosso, di uno splendido colore rubino, naso di frutti rossi, amarena su tutti, e poi il marcatore salmastro a dare quel marchio di fabbrica indelebile.

Non si andrebbe mai via da questo posto, silenzioso, eppure così vicino alla caotica Venezia. 

Andiamo insieme a prendere il vaporetto alla vicina fermata Capannone, promettendoci di rivederci presto!

Con calma, a casa, bevo un esperimento davvero singolare, un regalo di Gastone… una dorona al pesco, leggermente dolce, veramente caratteristica con uno spiccato sentore di miele amaro (azzarderei corbezzolo o Limonium), salvia e pesca! ll tutto con un discreto residuo zuccherino e buona concentrazione.

Quest’uomo è la risposta a chi dice che “il vino a Venezia o non si fa o non è buono”… 

Provare per credere!

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