Centro Kalida Sant Pau

Può l’architettura influenzare il processo di guarigione dell’uomo?

Il concetto curativo della buona architettura, caro a Enric Miralles è il punto focale del progetto centro Kalida Sant Pau, il capolavoro modernista che sorge a Barcellona da un disegno di Benedetta Tagliabue e dallo studio Miralles Tagliabue EMBT e decorato da Patricia Urquiola l’architetto che ha ideato il parquet posato come pavimentazione e donato da Listone Giordano. 

Meggie’s

Maggie Keswick Jencks

Lo spazio basato sull’esperienza dell’organizzazione Maggie’s, nata grazie a Maggie Keswick Jencks, a cui era stato diagnosticato un cancro terminale. Prima di morire decise di fondare l’omonima associazione per accompagnare le persone nella battaglia contro la malattia. 

In un momento così difficile della vita, l’ambiente in cui ci si trova è di fondamentale importanza, deve essere accogliente, ospitale avvolto da un’atmosfera calda e da persone disposte a ad aiutare e sostenere. 

Architettura curativa

Proprio su questi concetti si è basato il progetto Kalida, ogni minimo dettaglio è stato pensato proprio per rendere lo spazio un ambiente il più simile possibile a una vera e propria casa. Gli spazi di condivisione non mancano, tra la sala letture, la sala da pranzo e la cucina dove gli ospiti del centro potranno ricevere un aiuto pratico, emotivo e sociale, complementare rispetto alle cure mediche. 

L’idea creativa

I creativi che hanno partecipato al progetto sono gli architetti di fama internazionale, Benedetta Tagliabue dello studio Miralles Tagliabue Embt, nato dall’incontro di benedetta e Enric Miralles (venuto a mancare nel 2000) quando si sono conosciuti durante l’anno di tesi a New York, lei era una giovane studentessa e lui docente alla Columbia. La loro passione condivisa per l’architettura degli anni ’30 li ha portati a formare il rinomato studio conosciuto in tutto il mondo. 

Un altro architetto è Patricia Urquiola, anche lei grande star del settore. Lavora tra Barcellona e Milano, in questo progetto si è occupata dell’ideazione del parquet che riveste l’intera struttura.

Le fondazioni a sostegno

A partecipare a questo grande lavoro ci sono state diverse fondazioni: Fundación Kālida, costituita proprio per creare all’interno di ospedali pubblici centri per il supporto a malati oncologici, Noum Cims e dalla fondazione privata Hospital de la Santa Creu i Sant Pau impegnata in azioni benefico-assistenziali e nella valorizzazione del patrimonio modernista dell’ospedale barcellonese.

Tutte le aziende coinvolte hanno donato gratuitamente i materiali per la realizzazione della struttura, una gratuità che si riflette anche sulla fruizione del centro stesso il quale infatti sarà aperto a tutti. 

Listone Giordano

Tra le aziende che hanno donato si distingue Listone Giordano, un’azienda di riferimento per il made in Italy e per l’impegno sociale.

Tutta la pavimentazione è stata fornita da loro, il “Parket Biscuit” si distingue per la capacità di diffondere il calore dell’accoglienza e per il suo raffinato carattere femminile. Si tratta di un parquet tradizionale che viene rivisitato dando vita a una nuova morbidezza visiva e a moderni e originali schemi.

Citazioni e testimonianze

«Kālida Sant Pau è uno spazio dove le persone possono scoprire una forza della quale non si erano resi conto, in modo da massimizzare la capacità di far fronte alla propria situazione» – Benedetta Tagliabue –

«Abbiamo lavorato sulla conformazione esagonale della pianta che già suggeriva una suddivisione degli spazi in base alle diverse attività. A partire da lì abbiamo visualizzato spazi funzionali e configurazioni aperte che danno origine a un ambiente eterogeneo ma funzionale, al quale si attribuiscono differenti livelli di intimità» – Patricia Urquiola –

Forse l’architettura non avrà un potere curativo in sé o forse si questo lo lasceremo giudicare a voi, quello di cui siamo certi è che l’insieme di tutte queste azioni influenzerà positivamente chi questi luoghi li vivrà in prima persona.

“Above all what matters is not to lose the joy of living in the fear of dying.”  – Maggie Keswick Jencks

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