Negroni, un amore che dura da cento anni

di Eugenia Petrillo. Definito dal New York Times come il cocktail perfetto per il 2019, il Negroni festeggia un secolo di vita.

Dal giorno della sua invenzione, quando il Conte Camillo Negroni chiese di versare un po’ di gin nel suo Americano, in tanti se ne sono innamorati.

È molto difficile che l’amarezza sia la prerogativa per far durare una storia d’amore tanto a lungo, eppure, la fortuna che porta il Negroni a compiere cento anni, risiede proprio nelle sue qualità rinfrescanti, ma allo stesso tempo amarotiche. 

Per tali ragioni questo drink, a base di parti uguali di Campari, vermouth rosso e gin, viene elogiato dal New York Times che lo proclama “il cocktail perfetto per il 2019” suggerendo ai suoi lettori di bere questo elisir durante i caldi pomeriggi d’estate.

Se quest’anno il Negroni riceve finalmente la sua giusta consacrazione, festeggiando un importante anniversario, è stata lunga la strada percorsa per farsi largo nel mondo della mixology riuscendo a rimanere sempre tra i primi posti nella classifica dei cocktail più amati.


Un Conte e un bartender

Sono trascorsi infatti cento anni da quando il Conte Camillo Negroni, personaggio eclettico della nobiltà fiorentina, reduce da un periodo passato nel Selvaggio West dove faceva il cowboy nello stato del Montana.

Un giorno chiese all’amico bartender Fosco Scarselli della drogheria e profumeria Casoni in via Tornabuoni a Firenze, di ‘irrobustire’ con qualcosa di forte il suo solito Americano. Un cocktail che al tempo andava molto di moda e venne chiamato così per il successo avuto negli Stati Uniti, all’epoca del proibizionismo.

Il Conte Camillo indicò la bottiglia di gin e se ne fece versare un po’ nel bicchiere insieme alle altre componenti. Il colore rosso cardinale originario, nonostante l’aggiunta del gin, rimase intatto: ma fu al primo sorso che si sentì subito la differenza.

Da allora, la variante dell’Americano con l’aggiunta di gin viene chiamata Negroni in onore del Conte che, in una serata forse un po’ difficile del 1919, se la inventò. 

negroni. bartender. bancone. cocktail. drink. arte.

Il Negroni ben presto diviene una star, con tanto di numerosi fan: tra questi, Orson Welles che lo assaggiò nel 1947 a Roma dove stava girando le riprese del film “Cagliostro”. In una lettera al giornalista americano di gossip Erskine Johnson, Welles scrisse, a proposito dei “Negronis” che stava bevendo, che “gli amari fanno bene al fegato, il gin fa male, ma si equilibrano l’un l’altro”.

Come ogni vera icona che si rispetti, ci sono le imitazioni: nel 1968 arriva anche la sua versione ‘sbagliata’, quella del Bar Basso a Milano, nata per un errore di un barista maldestro che sostituì il prosecco al posto del gin. 

Il negroni alla conquista del mondo

I confini dell’Italia sono stati superati e il Negroni fece il giro del mondo  conquistando anche l’America dove diventò molto popolare e venne inserito a pieno titolo nel Cocktail Olympus. Amato dagli americani in America e dagli americani in Italia, dagli italiani, dai francesi, il Negroni, per concludere, come scrive la giornalista Jennifer Finney Boylan nel suo articolo sul New York Times, non è un drink troppo amaro, ma è “amaro al punto giusto, per l’età in cui viviamo, con la sua furia e il suo rumore”. A riprova del fatto che, nella vita una giusta dose di amarezza, se ben equilibrata con una di felicità, ci rende più forti e consapevoli. 

La nostra esperienza

In questa occasione storica abbiamo provato a spingerci oltre, guidati dalla nostra curiosità inarrestabile. L’Osteria ai Trani a Rovigo ci ha ospitati, un’ambiente caldo e accogliente, perfetto per gustare un fresco e dissestate Negroni preparato dal nostro amico e sommelier Alberto Veronese.

Un particolare ringraziamento va anche al nostro fotografo Alberto Gandolfo, che ha realizzato uno splendido servizio tra un sorso e l’altro.

RELATED ITEMS

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Send this to a friend